È difficile trovare una regione - in Italia ma forse anche nella stessa Europa - che nella seconda metà del secolo appena trascorso abbia registrato una metamorfosi così profonda e radicale come l’Abruzzo. Nell'immediato dopoguerra gran parte degli indicatori economici e sociali la collocavano nel «profondo Sud»; oggi risulta invece la meno «meridionale» della penisola: una regione che ormai s'inserisce a pieno titolo tra le aree maggiormente progredite e dinamiche dell'Italia centro-settentrionale. In alcuni periodi, soprattutto negli anni settanta e ottanta, i suoi ritmi di crescita non hanno avuto eguali nel nostro paese. Non a caso l'Abruzzo è stato la prima regione meridionale a superare, in base ai dati Eurostat, i «ritardi strutturali» del proprio sviluppo, con la conseguente fuoriuscita dal regime massimo - il cosiddetto Obiettivo 1 - degli aiuti comunitari. Un case study, dunque, di straordinario interesse.
Quali dinamiche hanno potuto innescarsi per produrre un tale risultato? Quali soggetti ne sono stati gli artefici? Si possono individuare «cause» particolari? Siamo forse di fronte a un esempio di «neoregionalismo economico»? E quale ne sarebbe il «paradigma» più o meno originale? O non si tratta, piuttosto, di un cocktail di localismi (il solito dilemma tra Abruzzo, al singolare, e Abruzzi, al plurale) difficilmente riconducibili a unità? Il volume raccoglie contributi di studio e testimonianze di protagonisti intorno a questi problemi. Dalla pluralità degli approcci emerge un ripensamento di nodi storiografici e schemi interpretativi sulla recente storia del Mezzogiorno che nello specifico «laboratorio» abruzzese trovano un fecondo terreno di verifica e di arricchimento.