Fiabe piemontesi

A cura di Gian Paolo Caprettini

Fiabe raccolte da Maria Luisa Rivetti. Introduzione di Bruno Gambarotta

Collana: Fiabe e storie
2002, pp. XLVI-221, con 16 fotografie in b/n fuori testo di M. L. Rivetti e 16 tavole a colori fuori testo di Lorenzo Delleani, rilegato
ISBN: 9788879897006

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Scheda libro

È proprio vero che «chi racconta fiabe si racconta, si svela». Nell’introduzione a questa inedita raccolta di fiabe piemontesi, Bruno Gambarotta si sbizzarrisce a inseguire i mille indizi attraverso i quali le fiabe possono contribuire alla definizione di un’identità regionale. Nella fattispecie, l’oggetto è qui la piemontesità, quell’elemento insieme corposo e impalpabile, solido e indefinito che va sotto il nome di «carattere piemontese». Ad oltre un secolo di distanza dal pionieristico lavoro etnografico compiuto da Giuseppe Ferraro, il repertorio qui presentato viene ad aggiungere un tassello essenziale alla ricognizione sul patrimonio della fiaba piemontese. Raccolti da Maria Luisa Rivetti, e inquadrati da Gian Paolo Caprettini nel solido telaio di un accurato impianto semiologico, questi sessanta racconti inediti vengono presentati con un rigore filologico pari alla godibilità della lettura: ripresi, come si sarebbe detto un tempo, dalla viva voce del popolo e trasposti dal dialetto originale in una lingua anche sintatticamente vicina al parlato. I ventiquattro narratori che hanno dato voce a queste storie – operaie, contadini, casalinghe – appartengono al territorio di Alba, tra Langhe e Roero: un’area che non aveva sinora conosciuto lavori di prima mano di tale vastità. Ma alla testimonianza etnologica e folklorica si somma in questo caso la forte caratterizzazione «drammaturgica» dei testi, a dimostrazione che le fiabe non sono soltanto testimonianze di letteratura orale, ma costituiscono la traccia di una teatralità della parola che è eredità culturale e sociale irrinunciabile. Ed è il dosaggio di una simile teatralità a riportarci al connotato più fortemente identitario. A ben vedere, l’aspetto più importante della piemontesità di queste fiabe è anche il più nascosto. «È un elemento – nota ancora Gambarotta – che, come un fiume carsico, le percorre quasi tutte. Potremmo chiamarlo distacco, understatement: un incrocio fra la litote e l’eufemismo». Prendiamo, per esempio, una fiaba tra tutte, Il lupo e la volpe. Naturalmente, il lupo vuole a tutti i costi mangiare la volpe. E la volpe come reagisce? Il fatto è che «a lei rincresceva anche fare quella fine lì». Non sia mai che l’astuto felino si ribelli o faccia fuoco e fiamme minacciando sfracelli. No. Alla volpe piemontese, semplicemente, rincresce fare quella fine lì…