Si può fare alta cucina con ingredienti semplici e naturali? È possibile sposare l'eccellenza gastronomica con la pitagorica sobrietà? È dato declinare, di fronte alla somma prova dei fornelli, la propria cultura sotto la forma, prevalente, se non esclusiva, della verdura?
Il tema del ritorno a un'alimentazione leggera e naturale non è - come troppo spesso siamo portati a pensare - una prerogativa del nostro mondo post-industriale, con le sue dosi spaventevoli di inquinamento e sofisticazione. Ecco il ricettario vegetale (1781) di un grande cuoco del Settecento che ci riporta al clima culturale - e non solo gastronomico - di un'altra grande svolta «salutista». Basta con la sofisticata e pesante cucina di carne, recita quel principe della gastronomia meridionale e mediterranea che fu il pugliese Vincenzo Corrado. È venuta l'ora di riscoprire, e di suggerire (imporre?) al palato dei commensali più esigenti e raffinati, «erbe fresche, radiche, fiori, frutta, semi, e tutto ciò che dalla terra si produce». Ciò vale innanzi tutto per i "Letterati", "li quali, applicati allo studio e alle scienze, poca digestione fanno".Ed è tutto un tripudio di sellari e finocchi, cedriuoli e carciofi , indivia e asparagi e cavoli e zucchine, debitamente garniti di petrosemolo, salvia, targone ed erba cipollina.
Troneggiano, in questo trionfo della vegetale concinnitas (che non disdegna però brodi e condimenti al sapido gusto di carne), due ingredienti assolutamente nuovi nelle mani del Cuoco galante (così si intitola l'altra e più famosa opera di questo genio dell'arte culinaria, conteso al servizio delle migliori casate regnanti europee).Due protagonisti fino ad ora riservati alle mense plebee e destinati, di lì a poco, a sbaragliare il campo: il signor Pomodoro e la signora Patata. Provare per credere.