

Continuare a ripetere che «tutto è interpretazione» comporta indubbiamente per la filosofia una pericolosa perdita di attrito con l'esperienza, di cui la cultura postmoderna è in parte responsabile. Ma è proprio vero che l'atto interpretativo costituisce una negazione della sussistenza della realtà oggettiva? Affermare i diritti dell'interpretazione implicherà necessariamente l'infedeltà nei confronti dell'esperienza? È corretto impostare la questione dell'identità della filosofia su una discriminante tra mondo empirico e mondo interpretato, destituita di fondamento anche dal dibattito sul metodo scientifico? Il libro di Marco Vozza intende rispondere a una domanda oggi ricorrente: la filosofia dell'interpretazione è un programma di ricerca che ha esaurito le sue potenzialità euristiche, ragion per cui risulta agevole decretare la fine di un presunto idioma ermeneutico, oppure si tratta di un progetto incompiuto, rispetto al quale è possibile ancora attivare cospicue risorse? In queste pagine viene mostrata la legittimità della seconda opzione, a condizione che si ritorni a Nietzsche e al suo concetto di interpretazione affettiva, abbandonando ogni compiaciuta sudditanza alle auctoritates rappresentate da Dilthey, Heidegger e Gadamer e, soprattutto, a patto che venga sospesa l'adesione acritica alla contrapposizione metodologica tra arte, filosofia e scienza, su cui si articola buona parte dell'ermeneutica novecentesca. Una volta soddisfatte tali condizioni, si potrà prospettare un'inedita declinazione affettiva dell'ermeneutica, elaborata nel punto di intersezione tra esistenza e interpretazione.
Marco Vozza
Marco VOZZA, filosofo e giornalista, vive e lavora a Torino. Oltre a numerosi saggi dedicati alla filosofia teoretica e all'estetica contemporanea, è autore di alcuni libri, tra i quali ricordiamo: Il sapere della superficie (Liguori, 1988), Rilevanze. Epistemologia ed ermeneutica (Laterza, 1990), Le forme del visibile. Filosofia e pittura da Cézanne a Bacon (Pendragon, 1999). Collabora inoltre alle pagine culturali de «La Stampa» e a numerose riviste.

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