

Perché il giovane Alessandro, poco più che ventenne, assicuratosi ormai il dominio su tutta la Grecia, decise di muovere contro le temibili forze del re persiano Dario? Che cosa lo spinse verso l'Oriente, in regioni scarsamente conosciute? Sono domande che non interessano solo gli storici. E le risposte consuete non sembrano del tutto soddisfacenti. In effetti, Alessandro non rientra negli schemi tradizionali del conquistatore. Dà spesso prova di straordinaria magnanimità. Proibisce ai soldati di approfittare delle donne del nemico sconfitto. Giunge, anzi, a dare personalmente l'esempio di un «matrimonio misto». Egli incarna l'ideale cosmopolitico dell'Ellenismo, vale a dire la pacifica convivenza di culture e popolazioni diverse, linguisticamente e religiosamente differenziate. A ben vedere, è questa la radice originaria della migliore vocazione storica dell'Europa: quella che concepisce lo specifico della nostra cultura come disponibilità e apertura verso i mondi altri da sé. Vale allora la pena, alle soglie del terzo millennio, di riproporre, in tutto il suo complesso significato di apertura e tolleranza, una sorta di «neo-ellenismo», nel quale identità e alterità possano trovare il loro comune fondamento: un ideale oggi forse più valido che mai, unica alternativa alle tragiche campagne per la «pulizia etnica» e ai massacri sistematici che hanno insanguinato il secolo XX.
Franco Ferrarotti
Franco Ferrarotti è professore emerito di Sociologia all’Università «La Sapienza» di Roma. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Max Weber e il destino della ragione (1964); Trattato di sociologia (1968); La perfezione del nulla (1997) e, per i tipi della Donzelli, L’Italia tra storia e memoria (1998); Leggere, leggersi (1998); Partire, tornare (1999); La verità? È altrove (1999); L’enigma di Alessandro (2000); La società e l’utopia (2001).Nel 2001 è stato insignito del Premio per la Sociologia dall’Accademia dei Lincei.

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