Per molto tempo la Calabria è stata presentata come il luogo della non-storia, dove la natura, gli eventi estrinseci, le volontà esterne hanno sempre avuto buon gioco nel determinare un corso dei fatti imposto per necessità, e dunque scarsamente o per nulla influenzato dalle scelte dei calabresi. Questa percezione esterna della Calabria si è pian piano radicata nella stessa autorappresentazione dei calabresi, che hanno a lungo condiviso l'idea di essere poco responsabili - nel bene e nel male - degli accadimenti che li riguardavano: ad altri i pochi meriti, e soprattutto le molte colpe di una storia vissuta come lenta, sbiadita, marginale. Ma ogni storia, e anche quella non certo altisonante della Calabria, è in primo luogo storia «interna»: storia degli uomini e delle donne che si sono costruiti in rapporto tra loro, con la natura, con il territorio in cui hanno abitato. Il libro di Augusto Placanica - summa di un trentennale, pionieristico lavoro di scavo storiografico - è in prima istanza un tentativo di riappropriazione; esso si propone di riaffidare ai calabresi la loro storia, nel senso di renderli meglio edotti di quello che è avvenuto, per poter loro consentire di interagire con un patrimonio di tradizioni, di identità, di culture che è parte integrante del loro presente. Dagli antichi splendori della civiltà magnogreca agli esiti infelici della colonizzazione romana; dalla lunga notte di marginalità dell'età bizantina e normanna al difficile inserimento nel contesto del viceregno spagnolo; dai tremori convulsi del decennio francese alla restaurazione borbonica; e infine dal moto garibaldino al drammatico inserimento nel contesto unitario e al mai conchiuso - e mai completamente interrotto - processo di aggregazione con il resto del paese: in tutta la sua vicenda, la Calabria è percorsa dall'alternativa difficile tra una quasi naturale vocazione alla chiusura e l'altrettanto imprescindibile necessità di aprirsi, di uscire fuori da sé, di muoversi verso il mondo.
Augusto Placanica
Augusto PLACANICA, nato a Catanzaro nel 1932, è professore ordinario di Storia moderna all'Università di Salerno. Tra i suoi fondamentali lavori sulla storia della Calabria in età moderna e contemporanea sono da ricordare All'origine dell'egemonia borghese in Calabria, Salerno-Catanzaro 1979; Moneta prestiti usure nel Mezzogiorno moderno, Napoli 1982; La Calabria nell'età moderna, Napoli 1985-88, 2 voll. Nel 1985 ha curato, insieme con Piero Bevilacqua, il volume collettivo della Storia della Calabria Einaudi. Le sue ricerche sul terremoto calabro-messinese del 1783 hanno dato vita ai volumi L'Iliade funesta, Roma 1984, e Il filosofo e la catastrofe, Torino 1985. Più di recente, ai lavori di storia economica e sociale ha affiancato lo studio dei fatti culturali e degli universi percettivi, pubblicando Segni dei tempi, Venezia 1990, e, per l'editore Donzelli, i volumi Storia dell'inquietudine, Roma 1993, e Millennio, Roma 1997. Per Meridiana Libri ha pubblicato Storia della Calabria dall'antichità ai giorni nostri, ora riedita da Donzelli, Roma 1999.
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