Lettera di una professoressa
Trent'anni dopo Barbiana
Quanto è lontana e inattuale, oggi, la Lettera a una professoressa? Merita ancora una risposta, il ragazzo a cui don Lorenzo Milani affidò trent'anni fa la sua caustica denuncia dei mali della scuola italiana? In realtà, in questa scrittura autobiografica di una professoressa «inguaribile», il confronto con i sensi di colpa e le speranze che quel libro evocava costituiscono un filo che si dipana, fino a contenere l'esperienza vissuta di trent'anni di scuola. L'interlocutore continuamente si sdoppia: al ragazzo di Barbiana si sovrappongono con forza le immagini di alunni reali, che si sono avvicendati nel corso degli anni, mentre si chiama in causa con rabbia chi ha contribuito a mettere la scuola in ginocchio. Lo scenario è mutevole e descrive un mondo attraversato da una crisi radicale, ma in cui la vita non si rassegna a morire. E la lettera non è una risposta, non ha certezze da brandire: si traduce piuttosto in un racconto di motivazioni profonde, di affetti forti ed essenziali, i soli argini alla distruzione incombente, che minaccia sempre più da vicino la scuola. Così, Barbiana è lontana e vicina a un tempo. Non è solo un luogo di radici e di inizio. Certamente ci rimanda l'immagine di un mondo diverso, in cui l'ingiustizia sembrava semplice e univoca, e che però già conteneva il presentimento di molti dei mali presenti. Quella tensione morale, intanto, non è più una ricetta: ma costituisce ancora una forza.
Tra i problemi. La scuola e le bocciature: così le racconta un'insegnante "a scrupolo limitato"