

«Per un verso, lo Stato italiano è esteso e costoso come tutti gli altri Stati europei maturi; per altro verso, esso si differenzia da questi ultimi perché debole e inefficace. In questa contraddizione tra modernità e arretratezza sta il maggior problema dello Stato italiano».
Tradizione e ancoraggio dello Stato, suo ruolo rispetto al cittadino, distribuzione del potere di stabilire il diritto, rapporto dello Stato con la società e l'economia, privilegi dell'amministrazione e sua abilità nel valersene, peso del centro rispetto alle periferie: questi sono i fattori che contribuiscono alla formazione delle nazioni moderne e, in particolare, della Francia e del Regno Unito. L'Italia non è mai riuscita a raggiungere il modello francese, che tutte le circostanze storiche la spingevano a seguire, ed è sempre stata troppo lontana da quello inglese, al quale pure una parte cospicua della dirigenza politica ha guardato con favore. In questo senso, lo Stato italiano è un'anomalia, perché è rimasto a metà del passaggio verso la modernizzazione delle sue istituzioni. L'Italia si avvia, ora, raggiunti i parametri fissati nel 1992, ad entrare nell'Unione monetaria europea. La deprecatio temporis, la sfiducia degli italiani nei confronti delle proprie istituzioni, la consapevolezza - diffusa fin dall’Ottocento - del ritardo italiano e della maggiore maturità di Francia e Regno Unito hanno agito come molla potente per il risanamento finanziario. Ma ad entrare nell'Unione è uno Stato che rimane ambivalente, metà sviluppato, metà arretrato; è ancora dualistico, autoritario e liberale; e soprattutto, si ingerisce in ogni cosa, senza poi riuscire a far valere gli interessi pubblici che motivano tale ingerenza.
Sabino Cassese
Sabino Cassese, giudice costituzionale, insegna Diritto amministrativo globale all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi e Storia e teoria dello Stato alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Il suo ultimo libro è Il mondo nuovo del diritto. Un giurista e il suo tempo (il Mulino, 2008).

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