

Tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, il linguaggio della politica conobbe una trasformazione radicale. La tesi di questo libro è che si trattò di una vera e propria «rivoluzione», che comportò vastissime conseguenze e implicazioni di carattere sia intellettuale che morale. Non solo si trasformarono il significato e il campo di applicazione dei concetti relativi alla scienza del governo, ma ne venne addirittura modificata la funzione. Mutarono di segno il ruolo dell'educazione alla politica, e il valore della libertà in politica. Nei tre secoli precedenti l'arte della «polis» aveva rappresentato la più nobile delle scienze umane: ora, essa emergeva da questa rivoluzione come un'attività losca, quando non addirittura ignobile e depravato luogo di sordide trame. Nata per combattere la corruzione, la politica si trasformava nello strumento del suo perpetuarsi. Nonostante la sua importanza, questa rivoluzione - ma si potrebbe parlare di involuzione - ha ricevuto finora scarsa attenzione critica. Lo studio di Viroli colma quindi un vuoto nella storia del pensiero politico, e propone al tempo stesso un ritorno a una concezione della politica in grado di riconciliarci con essa.

La nuova frontiera
Scritti e discorsi (1958-1963)

Il Mediterraneo e la parola
Viaggio, poesia, ospitalità

Lo scettro senza il re
Partecipazione e rappresentanza nelle democrazie moderne

La sinistra possibile
Il Partito democratico alle prese col futuro

Io, Hannah Arendt
Professione: filosofa

Il muretto
Storie di ordinaria convivenza tra italiani e immigrati

Enrico Minio
Un sindaco «riformista» nell'Italia del dopoguerra

Nessun dio ci salverà
Riflessioni sulla sinistra italiana tra sconfitta e speranza scritte con Andrea Colombo

Giuristi del lavoro
Percorsi italiani di politica del diritto

Del razzismo
Carteggio 1843-1859

Capitalismo: lusso o risparmio?
Alla ricerca dello spirito originario