C’è una stagione del nostro giornalismo e della nostra vita civile che è stata segnata da un’esperienza originale: tra gli inizi degli anni settanta e la fine degli anni ottanta, «Il Messaggero» – giornale di tradizione filo-governativa, legato agli interessi del partito democristiano – conobbe una vicenda diversa, esito di specifiche scelte proprietarie, e ancor più della personalità di alcuni tra i protagonisti che animarono il quotidiano. Vittorio Emiliani fu uno dei più diretti e appassionati tra questi. Giunto a Roma dopo la grande e innovativa esperienza milanese del «Giorno», portò dapprima come inviato, e poi per una lunga fase come direttore, il vento nuovo dell’indipendenza dalla politica, con un’impronta laica e un’attenzione sempre concentrata sui temi della capitale,ma non solo: in quegli anni «Il Messaggero» volse il suo sguardo critico all’Italia intera, divenne un grande giornale di Roma capace di parlare a tutto il paese. Sul filo dell’autobiografia, Emiliani ripercorre in questo libro un viaggio ventennale all’interno di quelli che sono in genere liquidati come «anni di piombo» e che invece, da questa tumultuosa, vibrante narrazione, emergono come un periodo di fervida passione democratica, di attiva partecipazione dal basso, di movimenti femministi, studenteschi e libertari, che invano la P38 e i kalashnikov dei terroristi rossi e neri cercano di spegnere. Anni tragici, nei quali si alternano il sequestro e l’assassinio di Moro e l’approvazione di leggi fondamentali: aborto, progressiva chiusura dei manicomi, equo canone, servizio sanitario nazionale. La scrittura asciutta e intensa, lucida e insieme ironica di un maestro del giornalismo ci fa rivivere una fase cruciale della nostra storia, segnata dalla violenza ma anche da tante conquiste civili, ottenute grazie alla straordinaria passione che innervava di sé la società italiana, in grado ancora, nonostante la virulenza di forze che tentavano di frenarla, di credere e lottare.
Vittorio Emiliani
Vittorio Emiliani, entrato nel giornalismo negli anni cinquanta con «Il Mondo» di Pannunzio e «L’Espresso» di Benedetti, ha lavorato al «Giorno» dal 1960 al 1974 e in seguito al «Messaggero», di cui è stato direttore tra il 1979 e il 1987. Autore di inchieste, editorialista, consigliere della Rai, ha pubblicato numerosi libri di denuncia, memoria e politica.
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