
Collana: Saggine, 254
2015, pp. XXVIII-132
ISBN: 9788868431723
€ 18,00 € 17,10
«Per costruire la pace, occorre anzitutto rieducare gli uomini – in gran parte abbrutiti dalla guerra – alla responsabilità e alla dignità della condizione umana».
Il 19 settembre 1944 Antonio Giolitti è costretto a sospendere la sua vita di comandante partigiano (intrapresa a Barge il 9 settembre 1943) in seguito alla frattura di una gamba: dopo una serie di traversie viene portato a Aix-les-Bains, dove rimarrà per un periodo più lungo del previsto (per ben due volte i medici devono «riaggiustare» la gamba che non era stata correttamente ricomposta), il che gli impedirà di ritornare a lottare in Italia, come desiderava. Costretto all’immobilità, il primo compito che si assegna è di avviare un diario per tracciare un bilancio della sua vita partigiana. Sono per lui mesi di solitudine, in cui la pagina scritta gli serve per dialogare con la moglie Elena (in Italia con i due figli già nati) e attraverso di lei con se stesso. Il diario è lo specchio di questo dialogo e ci offre il ritratto di un uomo dotato di un fortissimo e personale senso etico: è netto sul piano morale il distacco rispetto alla generazione dei «padri» e forte è la consapevolezza della frattura rappresentata da una guerra necessaria, che è di liberazione, antifascista, e di classe – laddove «classe», nel suo caso di iscritto al Pci, significa soprattutto lottare per costruire una nuova élite dirigente responsabile, in sostituzione di quella che aveva portato il paese alla guerra e al disastro morale. Consapevole di essere parte della nuova classe dirigente, Giolitti non aspira a diventare un politico. A lungo si considererà un intellettuale prestato alla politica. Il diario è anche il ritratto di questo lato della sua personalità e delle sue letture, dall’amatissima Anna Karenina a Dante, da Racine a Camus, da Flaubert ai pensatori francesi. Il filo che tiene unito tutto questo – e che finirà per prevalere – è però la crescente consapevolezza della responsabilità che gli deriva dalla scelta fatta l’8 settembre di tornare sulle «sue» montagne, tra la «sua» gente, e dare avvio alla Resistenza. È in questi mesi, sia quelli dell’azione che quelli dell’immobilità e della riflessione, che nasce il futuro dirigente, con quella tensione morale che in lui, come in altre personalità che vivono la scelta dell’impegno politico come conseguenza della constatazione dei guasti morali del paese provocati dal fascismo e dalla guerra, ancora ci sorprende.
Antonio Giolitti
Antonio Giolitti (1915-2010), antifascista e partigiano, fu deputato alla Costituente e nelle due prime legislature repubblicane per il Pci. Nel 1957, dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, aderì al Psi, partito per il quale fu deputato dal 1958 al 1979. Sostenitore del centrosinistra, fu più volte ministro nei governi Moro, Rumor e Colombo. Dal 1977 al 1985 ha ricoperto il ruolo di commissario europeo alla politica regionale e al coordinamento dei fondi europei. Lasciato il Psi, nel 1987 è stato eletto senatore come indipendente nelle liste del Pci e nel 1992 si è ritirato dalla politica attiva.
Marcello Flores, il Mulino, 01/08/2015
Di Guerra e di Pace
Giuseppe Berta, L'Espresso, 08/05/2015
Narrativa e saggistica
Diego Gabutti, Sette - Il corriere della sera, 08/05/2015
I QUADERNI INEDITI DEL PARTIGIANO ANTONIO
, Il Corriere della Sera - ed. Roma, 20/04/2015
IL "DIARIO" DI ANTONIO GIOLITTI E LE "MEMORIE" DI CLAUDIO PAVONE
Gianluca Scroccu, L'unione sarda, 20/04/2015
"DI GUERRA E DI PACE" I DIARI DELLA RESISTENZA DEL PARTIGIANO ANTONIO GIOLITTI
Mauro Campus, Il Sole 24 ore, 19/04/2015
L'UMANITA' DEL PARTIGIANO GIOLITTI
Mirella Serri, La Stampa, 27/02/2015
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