

«Il dissesto italiano è, prima che economico, istituzionale: occorre ripensare alle forme della politica e dell’amministrazione. Il catalogo su cui riflettere è questo: Costituzione, Diritti, Incompetenza, Disinformazione, Burocrazia, Impunità, Divisione. Sette parole che riconducono immediatamente al cuore della nostra Repubblica e alle sue disfunzioni che ideologismo, opportunismo, corporativismo hanno finora impedito di denunciare fino in fondo, riducendo molti intellettuali a vetrinisti del sistema (o di loro stessi)».
Che l’Italia sia, tra i paesi occidentali, uno dei più in difficoltà è ormai un luogo comune,ma l’analisi delle cause di questa situazione appare difettosa o incompleta. In queste pagine l’analisi assume perciò premesse temporali e di merito diverse da quelle correnti. Si indagano i decenni della prima Repubblica, dalla ricostruzione postbellica alla fine degli anni settanta, e si pongono al centro gli assetti istituzionali e normativi, poiché è pur sempre il diritto a (dover) governare l’economia e non viceversa. È in queste strutture che si cercheranno le cause della crisi odierna. Si parte dunque dalle voci Costituzione e Diritti e si prosegue con l’esame delle altre possibili cause: Incompetenza, Disinformazione, Burocrazia, Impunità, Divisione. Ma alla base ve n’è una che le accomuna tutte, l’Ingiustizia, poiché l’Italia è, prima di ogni cosa, un paese profondamente ingiusto. Tuttavia, così come avvenne all’indomani del secondo conflitto mondiale, il paese può ancora farcela. Il miracolo economico, infatti, non fu solo opera della classe politica dell’epoca: esso si deve principalmente a una generazione straordinaria di italiani che ci ha regalato il benessere di cui abbiamo fin qui goduto. Lo spirito di sacrificio e l’intraprendenza di quegli uomini e quelle donne hanno annullato per oltre un ventennio le contraddizioni già esistenti del nostro sistema istituzionale,ma esse sono puntualmente riemerse non appena quella generazione ha cominciato, per ragioni anagrafiche, a passare la mano nel corso degli anni settanta, quando i segnali dell’inefficienza iniziarono a manifestarsi. Quei vecchi non mancarono di cogliere il mutamento e di esprimere il loro sconcerto, come dimostrano certi settori della pubblicistica dell’epoca. Una pubblicistica di cui si è persa quasi memoria, ma che oggi è necessario ripercorrere per capire che le cause del dissesto non sono poi così recenti, e che la ripresa economica e una stretta aderenza ai principî della Costituzione del 1948 non bastano per uscirne senza prima porsi una domanda essenziale: la legalità e l’etica oggi vigenti possono consentire il retto funzionamento delle istituzioni repubblicane?
Umberto Vincenti
Umberto Vincenti è professore ordinario presso l’Università di Padova, dove è presidente della Scuola di giurisprudenza. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo: Individuo e persona, insieme a G. Boniolo (Bompiani, 2007); Diritti e dignità umana (Laterza, 2009); Diritto senza identità. La crisi delle categorie giuridiche tradizionali (Laterza, 2010²); I fondamenti del diritto occidentale. Un’introduzione storica (Laterza, 2010); La repubblica virtuosa. Una proposta per l’Italia (Bruno Mondadori, 2011).

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