«Ho scritto su di un quadernetto l’origine dei tanti oggetti che sono in casa mia. Cominciando dal divano. Lì ho raccontato a mio padre della scuola, degli amici, ho ascoltato con lui la radio, ho visto alternarsi gli zii seduti che erano in visita… Ora quel divano ha trovato la sua sistemazione nel mio salotto e accoglie altre persone e ascolta voci molto diverse da quelle di un tempo. A stento la mia memoria ne ricorda alcune, ma è solo lui a ricordarle tutte. Un sottile senso di frustrazione mi pervade. Mentre lui sorride, perché ricorda molto di più, molto prima di me».
Quanto contano gli oggetti nella nostra vita? Chi non ne custodisce qualcuno gelosamente? Chi non ha dovuto sgomberare la casa di una persona cara scomparsa? Chi non ha, almeno una volta, deciso di iniziare una collezione? In quale misura essi rappresentano una materializzazione della nostra memoria? Gli oggetti sono lo specchio di quello che siamo e di quello che siamo stati, delle persone che popolano la nostra esistenza e di quelle che ci hanno accompagnato nelle fasi della vita. Ciascuno di noi costruisce mediante gli oggetti larghi tratti di storia personale: testimonianze concrete, frammenti o cimeli, documenti e reperti, segnati tutti da investimenti simbolici mutevoli nel tempo. Gli oggetti materiali, infatti, sono parte integrante della nostra vita psichica ed emotiva, contribuiscono a costruire la nostra personalità, partecipano alla formazione del nostro carattere, con diverse modalità a seconda dei periodi della vita. Perché conserviamo? Perché buttiamo? Il possesso degli oggetti garantisce una continuità del proprio sé lungo la vita; laddove si disperdono – come accade nelle calamità naturali – gli oggetti diventano i testimoni della rottura dell’integrità della persona, ma in altri casi la loro eliminazione può rappresentare anche una tensione liberatoria, che coincide con la volontà di dare spazio a nuove esperienze. Gli oggetti seguono da vicino i rapporti d’amore, marcano le storie familiari; quelli delle persone care scomparse restano nella vita di ciascuno, al pari, o anche più, della memoria della persona stessa… Intorno al tema del nostro rapporto con gli oggetti che popolano la vita, Giovanni Starace compone un racconto ricco, intenso e di piacevolissima lettura, grazie a un ampio spettro di riferimenti alla letteratura psicoanalitica, antropologica e sociologica, che si alternano felicemente a citazioni letterarie, brevi accenni di quadri clinici e a frammenti autobiografici. Un libro denso e appassionante, destinato ad attivare nei suoi lettori un’immediata identificazione, perché tocca qualcosa che riguarda profondamente ciascuno di noi.
Giovanni Starace
Giovanni Starace ha insegnato Psicologia dinamica e Psicologia clinica all’Università Federico II di Napoli. Tra le sue pubblicazioni: Il racconto della vita. Psicoanalisi e autobiografia (Bollati Boringhieri, 2004) e, per i tipi della Donzelli, Gli oggetti e la vita (2013) e Vite violente (2014).
Testimoni di violenza
La camorra e il degrado sociale nel racconto di dieci detenuti
Vite violente
Psicoanalisi del crimine organizzato
Il tempo dei femminismi
La storia delle donne come autobiografia
Fare l'impossibile
Ragionando di psichiatria e potere
La fiera delle falsità
Via Rasella, le Fosse Ardeatine, la distorsione della memoria
Quale Europa
Capire, discutere, scegliere
Roma '44
Le lettere dal carcere di via Tasso di un ragazzo martire delle Fosse Ardeatine
Contro la democrazia illiberale
Storia e critica di un’idea populista
Assalto a San Lorenzo
La prima strage del fascismo al potere
Del capitalismo
Un pregio e tre difetti
L'ultimo Marx
Biografia intellettuale
(1881-1883)
Nuova edizione accresciuta
L'antifascista
Giacomo Matteotti, l’uomo del coraggio, cent’anni dopo (1924-2024)