
Collana: Virgola, 89
2012, pp. LIV-266
ISBN: 9788860367334
€ 20,00 € 19,00
«Il moderno Principe. Sotto questo titolo potranno raccogliersi tutti gli spunti di scienza politica che possono concorrere alla formazione di un lavoro concepito e organizzato sul tipo del Principe di Machiavelli». Siamo agli inizi del 1932: Gramsci ha ormai preso la decisione di dedicare uno dei suoi Quaderni del carcere a una riflessione sul partito politico rivoluzionario e sulla lotta per l’egemonia. Nel 1930 aveva schizzato la prima idea di «un libro che traesse dalle dottrine marxiste un sistema ordinato di politica attuale del tipo Principe. L’argomento sarebbe il partito politico, nei suoi rapporti con le classi e con lo Stato: non il partito come categoria sociologica, ma il partito che vuole fondare lo Stato». Incarcerato alla fine del 1926, condannato dal Tribunale speciale nel 1928, Gramsci ha cominciato a lavorare ai Quaderni a gennaio del 1929. Ma il tema del «moderno Principe» non fa parte del progetto iniziale. Perché, a un certo punto della sua vicenda intellettuale e umana, Gramsci decide di concentrare la sua attenzione su questo tema? Si tratta di un puro esercizio di studio, o la sua riflessione ha origini, urgenze, obiettivi di natura politica attuale? Insomma: per chi è scritto, questo Quaderno 13? E soprattutto, contro chi è scritto? La risposta richiede un lavoro di decifrazione. Le note si riferiscono infatti a un materiale complesso, che va da Machiavelli a Marx, da Lenin a Bucharin, da Gioberti a Gentile (e Mussolini), da Sorel a Croce. Di più: quelle pagine sono scritte «in cifra», e non solo per sfuggire alla censura carceraria: anche per poter affrontare questioni delicatissime all’interno del suo stesso campo. Al meticoloso lavoro di decifrazione si dedica questa edizione fittamente annotata, curata da Carmine Donzelli. I concetti di crisi organica, rivoluzione passiva, egemonia, blocco storico non sono pure riflessioni teoriche: sono armi di lotta politica, contro l’avversario «di classe», ma anche contro i nemici interni. E se tra questi vi fossero anche coloro che si stanno adoperando per tenerlo in carcere? E se fosse proprio Togliatti uno degli antagonisti di questo Quaderno 13?
Antonio Gramsci
Antonio Gramsci nasce ad Ales (Cagliari) nel 1891. Compie gli studi liceali a Cagliari, dove partecipa attivamente al movimento socialista. Negli anni universitari (1912-17), durante i quali frequenta diversi corsi della Facoltà di Lettere e di quella di Legge dell’Università di Torino, è membro attivo della sezione socialista, e dal 1916 è tra i redattori dell’edizione torinese dell’«Avanti!»: su questo giornale e sul «Grido del popolo» pubblica articoli di carattere vario, dai commenti politici alle recensioni letterarie e teatrali. Nel 1919, insieme a Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti, fonda una rivista, «L’Ordine Nuovo», attraverso la quale farà conoscere documenti e testimonianze da tutto il mondo sulla vita di fabbrica e ispirerà il movimento dei consigli di fabbrica, nei quali individua il nucleo di una possibile versione italiana della rivoluzione socialista. Nell’aprile 1920, il fallimento di una lunga stagione di scioperi e di occupazioni, che aveva visto il gruppo dell’«Ordine Nuovo» in prima linea, rivela una rottura insanabile all’interno delle forze socialiste, preludio della scissione; la rottura verrà ufficializzata a gennaio dell’anno seguente, in occasione del Congresso di Livorno, quando Gramsci sarà tra i fondatori del Partito comunista. Dal giugno 1922 alla primavera del 1923 viene inviato a Mosca come rappresentante del Partito presso la Terza Internazionale; partecipa al IV congresso dell’Internazionale, quindi si trasferisce a Vienna, dove prosegue il suo lavoro di dirigente dell’organizzazione comunista. Tornato in Italia, nell’aprile del 1924 Gramsci viene eletto deputato. Per tre anni è segretario del Partito comunista. In occasione del delitto Matteotti, si batte contro la passività della secessione dell’Aventino e per l’unità delle forze operaie. Nel 1926, mentre il partito entra nella clandestinità, al III Congresso nazionale, tenutosi a Lione, riesce a imporre la propria linea politica con l’approvazione delle Tesi redatte insieme con Togliatti. L’8 novembre 1926, sulla base dei «provvedimenti eccezionali» adottati dalla dittatura, Gramsci è arrestato insieme ad altri deputati comunisti e rinchiuso in isolamento nel carcere di Regina Coeli a Roma; da qui, dopo due mesi di confino a Ustica, sarà trasferito al carcere di San Vittore a Milano. Il 28 maggio si apre il «processone» contro Gramsci e il gruppo dirigente del partito, che si conclude pochi giorni dopo con la condanna a vent’anni. Gramsci viene trasferito nel carcere di Turi. Qui ottiene finalmente il permesso di scrivere e, spinto dalla necessità di «far qualcosa», comincia a stendere le note e gli appunti dei Quaderni. In seguito ai provvedimenti di amnistia e di condono per il decennale fascista, la condanna di Gramsci viene ridotta a 12 anni e 4mesi,ma le sue condizioni di salute si aggravano sempre più e, dopo diverse richieste, nell’ottobre del 1933 viene ricoverato in una clinica a Formia. Il 25 ottobre 1934 ottiene la libertà condizionale. Nei mesi successivi si trasferisce a Roma, presso la clinica Quisisana, per un lungo periodo di degenza. Riacquisita la piena libertà nell’aprile 1937, muore il 27 dello stesso mese a causa di un’emorragia cerebrale.
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