

Napoli, nell’immaginario comune, è la città-teatro per eccellenza e per raccontarla si è sempre fatto ricorso – fino ad abusarne – alla metafora della scena, tanto che gli stessi abitanti sono convinti di vivere su un palcoscenico, dal quale recitano ogni giorno la loro vita quotidiana. Per vedere se c’è del vero nello stereotipo della Napoli-teatro, il lettore viene guidato nei vicoli della città antica, come in un caleidoscopio, attraversando storie di vita, scorrendo giornali e testi letterari, seguendo tracciati familiari o rituali di interazione, fino ad affrontare alcuni aspetti della produzione e dei consumi culturali. Strumenti utili a ricostruire le pratiche di un’identità che traeva forza da quel tessuto di vita popolare fatto di marginali e di popolo «basso». Per mettere poi il tutto alla prova nel confronto con le storie raccontate dal teatro: da Raffaele Viviani al magistero di Eduardo De Filippo, passando per quella folla anonima di autori, attori, cantanti che hanno costruito la storia e rafforzato l’identità della città. Alla fine del percorso, vedremo se qualcosa, di tutto questo, è giunto fino a noi e come sopravvive. E troveremo risposta alla domanda conclusiva: ma i napoletani recitano ancora?
Stefano De Matteis
Stefano De Matteis si occupa di rappresentazioni culturali e di processi rituali. Ha dedicato i primi lavori alla cultura popolare (Follie del varietà, Feltrinelli, 1980), per poi occuparsi di religiosità e devozione (con Antropologia delle anime in pena, scritto insieme a Marino Niola, Argo, 1993 e La Madonna degli esclusi, D’Auria, 2011). Su Napoli ha scritto Lo specchio della vita (il Mulino, 1991). Sempre per il Mulino ha curato l’edizione italiana di Dal rito al teatro e Antropologia della performance di Victor Turner. Per le Opere di Ernesto de Martino ha curato la nuova edizione di Naturalismo e storicismo nell’etnologia.

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Ricerca, responsabilità, diritti

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L'età delle spezie
Viaggio tra i sapori dall'antica Roma al Settecento

Melanie Klein
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