Mai come in tempi di crisi ci si interroga sulle origini, le finalità e i valori fondanti delle democrazie moderne. Da qui la straordinaria attualità del pensiero di Beveridge, che da liberale «anomalo» gettò le basi del welfare contemporaneo. Chiamato nel 1941, in piena guerra, da Churchill a elaborare una riforma delle assicurazioni sociali, Beveridge andò ben oltre: analizzando i nodi scoperti del rapporto tra gli individui, le loro condizioni materiali, le loro aspettative e le istituzioni, mise mano a un cantiere che ha innovato alla radice le forme e i metodi dell’intervento statale nell’economia e nella società. Il suo progetto venne divulgato a livello internazionale già nell’autunno del 1942, e a partire dalla Gran Bretagna la riorganizzazione in senso moderno dello Stato sociale è diventata una parola d’ordine in tutto il mondo: coniugare democrazia liberale e protezione sociale si può e si deve. Per questo, lo Stato ha il compito di garantire a ogni cittadino una completa tutela sociale, che lo possa accompagnare per tutta la vita, affrontando i rischi e le congiunture meno favorevoli. Soltanto in questo modo potranno svilupparsi quel senso di responsabilità e quella serenità pubblica e privata senza i quali la fiducia nelle istituzioni è destinata a vacillare pericolosamente.
William Beveridge
William Henry Beveridge (1869-1963) è stato fin dal 1908 consulente e funzionario del governo britannico per la riforma dei servizi sociali, del collocamento e dell’assistenza. Ha diretto la London School of Economics dal 1919 al 1937. Autore del famosissimo Piano che porta il suo nome, nel 1944 è stato eletto deputato liberale e nel 1946 è passato alla Camera dei Lord.
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