

1904, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna. Nel 1901, dopo un decennio di fervido lavoro, Giuseppe Pellizza da Volpedo ultimerà il quadro maestoso e famosissimo che conosciamo col titolo definitivo di Quarto Stato: senza dubbio l’opera più rappresentativa di quel sistema di valori in cui s’è riconosciuto il movimento operaio e socialista in Italia nel secolo appena trascorso. Soltanto sei anni dopo, però, il 14 giugno 1907, in conseguenza della morte del primo figlio maschio appena nato e poi dell’amatissima moglie, il pittore si suiciderà. Che rapporto ci può essere tra il trionfalismo ideologico di quel quadro e il nichilismo biologico che ha infine armato la mano di Pellizza contro se stesso? Con la sapienza di una penna letteraria che sconfina nel territorio dell’inchiesta d’impronta sciasciana, Massimo Onofri indaga su questa stupefacente ed enigmatica correlazione. E però, mentre l’indagine si trasforma via via in un discorso sulla storia pittorica, civile e letteraria dell’Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo, la vicenda di Pellizza, scrutata da vicino nei fatti e nelle opere con millimetrica ostinazione, si carica di premonizioni che investono una storia ben più vasta ma altrettanto drammatica: quella del socialismo novecentesco, delle sue speranze e delle sue catastrofi.
Massimo Onofri
Massimo Onofri, critico militante, insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Sassari. Collabora con «L’Indice», «Avvenire», «La Stampa», «Nuovi Argomenti» e i giornali regionali del Gruppo Espresso. È autore, tra l’altro, di Storia di Sciascia (Laterza, 1994, 2004); Il canone letterario (Laterza, 2001); La modernità infelice (Avagliano, 2003) e Nuovi sensi vietati (Gaffi, 2009). Per i tipi della Donzelli ha pubblicato Sul banco dei cattivi (2006, con Alfonso Berardinelli, Giulio Ferroni, Filippo La Porta); La ragione in contumacia (2007) e Recensire (2008).

Recensire
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