

«Il Partito democratico è la scelta che dà il senso all’impegno politico delle nostre generazioni. Su di essa abbiamo investito tutto. Abbiamo bruciato le navi dietro di noi: non esiste per gli ex Ds, gli ex Margherita, gli ex riformisti liberaldemocratici una casa alla quale poter fare ritorno. Meglio dunque cancellare la parola ex dalle menti e dai cuori, concentrandosi sul Partito democratico, sulle scelte da compiere, le sfide da affrontare, sul rinnovamento culturale e organizzativo da realizzare».
«Esprimo un disagio – scrive Vannino Chiti – che credo non sia soltanto mio: nella politica italiana, da troppo tempo, c’è un di più di conflittualità, a volte di vera e propria contrapposizione, tra gli schieramenti, e al tempo stesso di scontri prevalentemente personalistici all’interno di essi». Si tende a ricondurre questo stato di cose alla caduta delle appartenenze, alla modernità della politica. È una spiegazione che non convince, specie se si guarda ad altre democrazie dell’Occidente (basti pensare agli Stati Uniti), nelle quali il confronto, anche duro, si lega in modo esplicito a proposte programmatiche e a sistemi di valori alternativi. Una simile, schietta, aperta battaglia delle idee non sembra oggi prevalere, nella politica italiana, che elude, più che affrontare, le questioni essenziali. È la debolezza delle proposte, la non chiarezza e coerenza dei comportamenti, a produrre quell’eccesso di conflittualità che allontana le persone dalla politica, rendendo sempre più esile la partecipazione alla vita delle istituzioni democratiche. È da qui che è necessario ripartire per una nuova, forte proposta del riformismo italiano. Le recenti elezioni europee, con la sconfitta delle sinistre, ci dicono che tutte le forze progressiste hanno bisogno di un profondo rinnovamento culturale e politico. In Italia è necessario mettere a fuoco non soltanto la critica alla destra ma anche gli errori e i limiti che determinarono la caduta del governo Prodi e la fine dell’esperienza dell’Unione. È a partire da qui che si può costruire un nuovo centrosinistra, capace di far uscire il paese dalla crisi e di portare a compimento la sua «infinita transizione».
Vannino Chiti
Vannino Chiti, dirigente prima del Partito comunista, poi dei Democratici di sinistra e del Partito democratico, è stato presidente della giunta regionale toscana dal 1992 al 2000, quando è entrato a far parte del governo Amato, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Eletto nel 2001 alla Camera dei deputati, dal 2006 al 2008 è ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme istituzionali. È stato vicepresidente del Senato e attualmente è presidente della Commissione per le politiche dell’Unione Europea.

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