

«La stretta relazione tra dissesto geologico e dissesto sociale sottolinea drammaticamente una disattenzione collettiva verso il territorio, che non è semplicemente il luogo dove si nasce o si vive, ma il supporto fisico delle proprie attività, una preziosa risorsa storica, emozionale, economica, e soprattutto uno dei valori fondanti dell’identità umana».
Qualsiasi disastro naturale – che sia alluvione, terremoto, incendio o epidemia – è anche un disastro umano. La natura è sempre più lo specchio del comportamento dell’uomo, del modo in cui si relaziona con i suoi simili, in cui guarda a se stesso e al futuro. Per questo è necessario innanzitutto ripensare il ruolo di chi con la natura ha un rapporto privilegiato. Chi si occupa di scienza, e in particolare chi studia la Terra, ha anche una responsabilità sociale: le sue conoscenze hanno importanti ricadute sulle comunità umane e pertanto non sono proprietà intellettuale del singolo, ma bene collettivo. Lo abbiamo visto di recente: le scelte politiche più delicate si affidano al sapere scientifico, e dunque fondamentale è la gestione etica del sapere, di un patrimonio prezioso, da curare e governare tenendo fede ad alcuni principi e doveri imprescindibili. Dalla coscienza di questa necessità nasce la geoetica, un movimento che raccoglie numerosi scienziati in tutto il mondo. Lo scopo è ridefinire l’interazione con il sistema Terra attraverso un approccio critico, scientificamente fondato, pragmatico, il più possibile distante dalle ideologie, alla luce di valori condivisi. La geoetica considera la Terra un sistema di relazioni complesse, di cui l’uomo è parte integrante e attivo modificatore dei sistemi socio-economici. Ma «cos’è che ci rende umani?», si chiede Telmo Pievani nella Prefazione al volume. Da quando è comparso sulla Terra, l’uomo non fa che modificarla a suo piacimento. Eppure, scrive Pievani, «non siamo solo invasivi, siamo anche creativi. Immaginiamo mondi nella nostra testa». Il problema è che abbiamo perso quella facoltà. Sommersi La scienza, a volte, può diventare un alibi; ai geo-scienziati sono chieste certezze, quantificazioni. Quello che bisogna esigere, però, è la capacità di immaginare, è lo sguardo ampio e lungo sul futuro, la costruzione di un’etica della responsabilità umana, individuale e collettiva, verso la Terra. Una «geoetica», che riguardi sì lo scienziato della Terra, la sua etica professionale, ma anche i decisori politici, gli attori dei media, tutti noi.
Silvia Peppoloni
Silvia Peppoloni, ricercatrice all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, si occupa di rischi naturali, aspetti sociali delle geoscienze e geoetica, di cui è leader internazionale. Segretario generale e co-fondatrice dell’International Association for Promoting Geoethics, consigliere dell’International Union of Geological Sciences, in Italia ha pubblicato per i tipi del Mulino Convivere con i rischi naturali (2014) e Pianeta terra. Una storia non finita (con C. Doglioni, 2016).
Giuseppe Di Capua
Giuseppe Di Capua, geologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, si occupa di pericolosità geologiche e geoetica. Co-fondatore dell’International Association for Promoting Geoethics, membro del consiglio direttivo dell’International Council for Philosophy and Human Sciences, è autore e curatore di volumi e articoli per editori e riviste internazionali.
PAOLO VIRTUANI, La Lettura del Corriere della Sera, 11/04/2021
Il nostro dovere verso il globo
, Nigrizia, 13/05/2021
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Sofia Belardinelli, Il BoLive, 21/06/2021
Geoetica: dalle geoscienze a un’etica globale, per un umanesimo ecologico
Simona Arnone, ReWriters, 18/06/2021
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