

Perché le storie dell’architettura moderna passano in pochi anni da grandi affreschi a indagini per specialisti? Perché lo storico dell’architettura viveva il suo lavoro come impegno intellettuale che si esercitava non solo negli archivi, ma anche alla radio, nei circoli sindacali e politici, in definitiva in comunità più allargate, e oggi si accontenta di una riconoscibilità quasi tra adepti? Perché il nodo che arrovellava gli storici era la funzione di quella scrittura mentre oggi è la difesa di una professione, delle sue regole interne, del riconoscimento che altri storici possono tributare al lavoro di ricerca storiografica? L’architettura pone a chi la voglia indagare questioni complesse, a partire dall’incipit: quali sono le fonti di questa storia. I disegni, i cantieri, le opere costruite, gli usi? È una storia che si scontra con i problemi più delicati per chi esercita il mestiere dello storico: le grandi architetture, così come quelle quotidiane, sono esempi straordinari di anacronismo che le catastrofi rendono espliciti, come nel caso dell’incendio della cattedrale di Notre-Dame. Ma la storia dell’architettura è anche una storia dei limiti, delle scansioni temporali, dei protagonisti delle vicende giuridiche e politiche. Esistono valori, credenze, modelli che siano europei o universali, locali o nazionali? È la storia dell’architettura a contribuire a definire patrimoni, icone, valori che si vorrebbe appartenessero a un’umanità oggi davvero ardua da definire. Quello dello storico dell’architettura è un mestiere che entra nella vita quotidiana dei cittadini, e, insieme, è un mestiere chiamato a definire gli scenari, gli immaginari, le stesse retoriche del mondo in cui viviamo. L’architettura e le sue storie sono parte del nostro modo di abitare la città, di viaggiare e conoscere la diversità, di pensare il futuro. Il libro vuole offrire non solo l’occasione di una riflessione sulle storie, ma anche di una possibile verifica sul modo in cui poi la storia si scrive, scegliendo quattro esempi, che toccano temi tra i più delicati di questa straordinaria materia.
Carlo Olmo
Carlo Olmo è stato preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino dal 2000 al 2007. Ha insegnato all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, al Mit di Boston e in numerose università straniere. È autore, tra gli altri, di Alle radici dell’architettura contemporanea (Einaudi, 1989; con R. Gabetti) e, per i tipi della Donzelli, ha pubblicato: Architettura e Novecento (2010), Architettura e storia (2013), Città e democrazia (2018) e Progetto e racconto (2020).
Piero Ostilio Rossi, Casa delle cultura, 02/10/2020
MODI (E NODI) DEL FARE STORIA IN ARCHITETTURA Commento al libro di Carlo Olmo
Carlo Magnani, Casa delle cultura, 11/09/2020
L'ARCHITETTURA TRA PROGETTO E RACCONTO
Cassandra Cozza, You build, 16/06/2020
Progetto e racconto
Livio Partiti, Il posto delle parole, 14/03/2020
Intervista a Carlo Olmo
Loredana Lipperini, Fahrenheit/Radio3, 13/03/2020
Intervista a Carlo Olmo
Mario Baudino, TtL La Stampa, 22/02/2020
OLMO: IL SONNO DELLE CITTÀ GENERA (ARCHI)MOSTRI (intervista)

Storia contro storie
Elogio del fatto architettonico

Città e democrazia
Per una critica delle parole e delle cose

La villa Savoye
Icona, rovina, restauro (1948-1968)

Architettura e storia
Paradigmi della discontinuità

Architettura e Novecento
Diritti, conflitti, valori

Dalla qualità alla sostenibilità
Il contributo di Icmq alla qualificazione delle costruzioni

Il giardino biopolitico
Spazi, vite e transizione

Vivere o morire di rendita
La rendita urbana nel XXI secolo

Fare urbanistica oggi
Le culture del progetto

Coste in movimento
Infrastrutture ambientali per la rigenerazione dei territori