
Antonio Gramsci nasce ad Ales (Cagliari) nel 1891. Compie gli studi liceali a Cagliari, dove partecipa attivamente al movimento socialista. Negli anni universitari (1912-17), durante i quali frequenta diversi corsi della Facoltà di Lettere e di quella di Legge dell’Università di Torino, è membro attivo della sezione socialista, e dal 1916 è tra i redattori dell’edizione torinese dell’«Avanti!»: su questo giornale e sul «Grido del popolo» pubblica articoli di carattere vario, dai commenti politici alle recensioni letterarie e teatrali. Nel 1919, insieme a Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti, fonda una rivista, «L’Ordine Nuovo», attraverso la quale farà conoscere documenti e testimonianze da tutto il mondo sulla vita di fabbrica e ispirerà il movimento dei consigli di fabbrica, nei quali individua il nucleo di una possibile versione italiana della rivoluzione socialista. Nell’aprile 1920, il fallimento di una lunga stagione di scioperi e di occupazioni, che aveva visto il gruppo dell’«Ordine Nuovo» in prima linea, rivela una rottura insanabile all’interno delle forze socialiste, preludio della scissione; la rottura verrà ufficializzata a gennaio dell’anno seguente, in occasione del Congresso di Livorno, quando Gramsci sarà tra i fondatori del Partito comunista. Dal giugno 1922 alla primavera del 1923 viene inviato a Mosca come rappresentante del Partito presso la Terza Internazionale; partecipa al IV congresso dell’Internazionale, quindi si trasferisce a Vienna, dove prosegue il suo lavoro di dirigente dell’organizzazione comunista. Tornato in Italia, nell’aprile del 1924 Gramsci viene eletto deputato. Per tre anni è segretario del Partito comunista. In occasione del delitto Matteotti, si batte contro la passività della secessione dell’Aventino e per l’unità delle forze operaie. Nel 1926, mentre il partito entra nella clandestinità, al III Congresso nazionale, tenutosi a Lione, riesce a imporre la propria linea politica con l’approvazione delle Tesi redatte insieme con Togliatti. L’8 novembre 1926, sulla base dei «provvedimenti eccezionali» adottati dalla dittatura, Gramsci è arrestato insieme ad altri deputati comunisti e rinchiuso in isolamento nel carcere di Regina Coeli a Roma; da qui, dopo due mesi di confino a Ustica, sarà trasferito al carcere di San Vittore a Milano. Il 28 maggio si apre il «processone» contro Gramsci e il gruppo dirigente del partito, che si conclude pochi giorni dopo con la condanna a vent’anni. Gramsci viene trasferito nel carcere di Turi. Qui ottiene finalmente il permesso di scrivere e, spinto dalla necessità di «far qualcosa», comincia a stendere le note e gli appunti dei Quaderni. In seguito ai provvedimenti di amnistia e di condono per il decennale fascista, la condanna di Gramsci viene ridotta a 12 anni e 4mesi,ma le sue condizioni di salute si aggravano sempre più e, dopo diverse richieste, nell’ottobre del 1933 viene ricoverato in una clinica a Formia. Il 25 ottobre 1934 ottiene la libertà condizionale. Nei mesi successivi si trasferisce a Roma, presso la clinica Quisisana, per un lungo periodo di degenza. Riacquisita la piena libertà nell’aprile 1937, muore il 27 dello stesso mese a causa di un’emorragia cerebrale.