«Gramsci, personaggio ancora da scoprire. Che negli anni trenta sia stato un critico del comunismo realizzato, ormai tutti lo riconoscono. I Quaderni sono il documento della sua travagliata riflessione. Si sente prigioniero di due carceri. Probabilmente capisce i doppi ruoli che svolgono la cognata Tania e l’amico Sraffa. Li sente come amici, ma sa che sono condizionati da forze più grandi di loro. Accetta l’ambiguità della situazione in cui tutti si trovano. Prova a sfruttarla. Alla fine riesce ad uscire dal carcere fascista. Rimane l’altro carcere. Umanamente più doloroso. Da esso non ne uscirà nemmeno con la morte».
Perché i Quaderni del carcere sono 33, e non 34, come in origine e più volte annunciato dallo stesso Togliatti? Un quaderno «si è perduto»? Gramsci sapeva che Sraffa trasmetteva le sue lettere a Togliatti? Nonostante la successiva «vulgata» del partito, che avrebbe dipinto un Gramsci «morto nelle carceri fasciste», egli passò i suoi ultimi due anni e mezzo in libertà condizionale. È verosimile che in quegli anni abbia smesso quasi completamente di scrivere? E perché non riprese i contatti con i vertici del partito e dell’Internazionale comunista? Alcune di queste domande sono inedite. Tutte aspettano ancora risposte convincenti. Lo Piparo sceglie di partire da un indizio, che gli appare subito forte, decisivo. Esamina con la lente del linguista la lettera di Gramsci a Tania del 27 febbraio 1933 che la cognata definì, per la sua scrittura allusiva, «un capolavoro di lingua esopica». La lettera è il grimaldello con cui viene forzato lo scrigno che racchiude la complessa personalità, politica e umana, del prigioniero. Entrato in carcere come «segretario del Partito comunista d’Italia», Gramsci ne uscì convinto che tutta la sua vita era stata «un grande errore, un dirizzone».
Franco Lo Piparo
Franco Lo Piparo, vincitore del premio Viareggio nel 2012 con il libro I due carceri di Gramsci (Donzelli), è ordinario di Filosofia del linguaggio all’Università di Palermo. Studia il linguaggio come cartina di tornasole di aspetti nascosti di fenomeni non linguistici. In Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci (1979) documentò la provenienza dagli studi universitari di glottologia della nozione gramsciana di egemonia. Oltre a I due carceri di Gramsci, con Donzelli ha pubblicato L’enigma del quaderno (2013), entrambi riuniti in un unico volume uscito in Francia per Cnrs Éditions nel 2014.
L'enigma del quaderno
La caccia ai manoscritti dopo la morte di Gramsci
Il tempo dei femminismi
La storia delle donne come autobiografia
Fare l'impossibile
Ragionando di psichiatria e potere
La fiera delle falsità
Via Rasella, le Fosse Ardeatine, la distorsione della memoria
Quale Europa
Capire, discutere, scegliere
Roma '44
Le lettere dal carcere di via Tasso di un ragazzo martire delle Fosse Ardeatine
Contro la democrazia illiberale
Storia e critica di un’idea populista
Assalto a San Lorenzo
La prima strage del fascismo al potere
Del capitalismo
Un pregio e tre difetti
L'ultimo Marx
Biografia intellettuale
(1881-1883)
Nuova edizione accresciuta
L'antifascista
Giacomo Matteotti, l’uomo del coraggio, cent’anni dopo (1924-2024)
Lento pede
Vivere nell'Italia estrema